Non abbiamo (più) armi…

Quando nella serena routine della vita quotidiana di una famiglia irrompe in maniera
inaspettata e sconvolgente la notizia che il proprio figlio è stato colpito da un
tumore, dopo una prima fase che alterna momenti di rabbia a momenti di
disperazione, sopraggiunge una immensa e inarrestabile speranza verso le terapie
che vengono proposte.


I medici spiegano che i periodi di cura da affrontare trasformeranno da subito la vita
del figlio nella sua quotidianità, nel suo aspetto fisico, nel suo stato d’animo. A
dettare nuovi ritmi di vita saranno d’ora in poi le invasive, ma necessarie,
chemioterapie, gli interventi chirurgici delicatissimi e spesso molto invalidanti, i
medicinali da prendere di continuo. Di fronte a tali prospettive, chi con più timore,
chi con più slancio, tutti i genitori si affidano alla scienza pieni di fiducia e speranza.


Anche per noi è stato così. Abbiamo imparato a conoscere le modalità e le
tempistiche delle varie terapie, la gestione dei continui e a volte improvvisi ricoveri
per valori che non vanno bene, la riorganizzazione quotidiana della vita familiare.
Soprattutto abbiamo imparato a sostenere come “leoni” i nostri figli nei periodi di
chemio e li abbiamo aiutati a sopportare tutti i terribili effetti collaterali della cura e
delle sue conseguenze, in particolare dover stare isolati (ben prima e più di quanto
non si faccia in epoca covid), non poter frequentare la scuola, gli amici, i parenti, i
luoghi di incontro, in quanto immunodepressi e facilmente aggredibili. Basta un
virus che passa nell’aria per mettere a rischio la vita di nostro figlio!


Abbiamo affrontato tutto questo insieme ai nostri ragazzi, con incredibile coraggio e
fiducia verso la vita e la scienza medica.


Per molti di noi genitori è arrivato però un giorno, un giorno che abbiamo scolpito
nella memoria e che ha rappresentato per noi il punto di non ritorno. Il medico ci ha
presi da parte, non davanti a nostro figlio, per comunicarci con volto serio che i
farmaci chemioterapici, come anche quelli biologici o di altra tipologia che la scienza
ha a disposizione per combattere la malattia, purtroppo sono solo quelli già usati,
già somministrati a nostro figlio, e che non hanno funzionato.


Ricordiamo tutti le precise parole del medico o della dottoressa, che tiene le dita
della mano aperte: “I farmaci che abbiamo contro questo sarcoma sono cinque, ne
abbiamo già usati quattro, ora proviamo con il quinto, ma poi, purtroppo, non
abbiamo altre armi”. Non abbiamo più armi.

“Non abbiamo armi”….ricorda il titolo di una bellissima canzone di Ermal Meta che
piaceva tanto a Sara, una dei nostri cari ragazzi.
Non abbiamo più armi….


Una cosa va detta chiaramente, però. Sentendo i nomi dei farmaci attualmente in
uso nelle chemioterapie contro i sarcomi, qualcuno di noi, un po’ più esperto di
farmacologia, è rimasto sorpreso sentendo nomi di farmaci che hanno decine di anni
di storia clinica.


Questo da un lato può essere visto come un segno di grande efficacia, ma dall’altro,
purtroppo, come immagine di vecchie glorie, pesanti come bombardieri di una
guerra che raramente si vince. Senza dubbio, senza critica, segno del fatto che
evidentemente grandi passi avanti, grandi scoperte farmacologiche, negli ultimi
decenni non ne sono stati fatti, in questo specifico ambito di cura.
Trovarsi di fronte a questa prospettiva ha portato tutti noi genitori a chiederci:
“PERCHE’? COME MAI PROPRIO QUESTI TUMORI, COSI’ RARI, SONO COSI’
SFORTUNATI DA NON AVERE PIU’ ARMI?”


Nella disperazione del cammino che nonostante tutto continua, un po’ alla volta
abbiamo iniziato a riflettere, a pensare. I medici e gli scienziati che ricercano contro
queste malattie ci sono e si impegnano in una lotta senza quartiere, con tutte le loro
energie, questo è sicuro, li abbiamo conosciuti. Il grande problema, il punto focale, è
che si tratta di tumori rari e la scienza, per poter indagare tutte le diverse singole
casistiche, ha bisogno di uno sforzo enorme da parte di noi tutti, di un grande
sostegno per poter progredire, anche laddove l’assenza della legge dei grandi
numeri non assicura un ritorno economico alle aziende che investono generalmente
nella ricerca.


Ciò che manca è il sostegno alla ricerca, il sostegno economico!


Ecco perché, dopo aver asciugato le nostre lacrime ed aver imparato a portare i
nostri figli ogni giorno con noi nel cuore, è sorto il desiderio di rimboccarci le
maniche e rimetterci in campo. Come genitori abbiamo condiviso le nostre
esperienze, simili nel drammatico percorso vissuto, e ora simili nella forte volontà di
trovare finanziamenti per sostenere la ricerca, per acquistare reagenti, materiali e
strumenti di laboratorio, per pagare borse di studio a chi dedica la propria vita a
sconfiggere queste rare e terribili malattie.


E ciò che mantiene in noi questa forte spinta è anche la speranza, più profonda e
preziosa, che un giorno, ad altri prossimi genitori che dovranno affrontare la nostra
stessa esperienza, i medici non debbano più dire “Non abbiamo più armi…”.